La distinzione tra scienza e metafisica Popper rifiuta il criterio neopositivistico di significanza e la stessa impostazione del problema del significato dato dal Circolo di Vienna (ogni proposizione è dotata di significato se può essere verificata empiricamente), mettendo in primo piano il problema della demarcazione tra scienza e non-scienza. Secondo Popper, il criterio di significato proposto dai neopositivisti come principio per distinguere la scienza dalla metafisica, riesce sì, ad eliminare la metafisica, ma nello stesso tempo distrugge anche le proposizioni universali su cui si basa la scienza. Le teorie (in quanto formulazioni di valore universale) pretendono di valere per tutti i fatti, mentre gli eventi che possiamo raccogliere come prova della validità di una data teoria sono sempre di numero limitato. Quindi, applicando coerentemente il criterio di significato proposto dai neopositivisti, anche le teorie scientifiche dovrebbero essere respinte dal campo della scienza. Popper propone invece un criterio di demarcazione basato sulla falsificabilità. Poiché, se è vero che per quanti fatti esistano in favore di una teoria, non possiamo mai raggiungere la certezza della sua validità, è vero anche che è sufficiente un solo fatto in contrasto con la teoria per dimostrare la sua falsità. Il carattere distintivo della scienza è quindi la possibilità di falsificazione empirica delle sue teorie; qualora manchi questa possibilità, si è al di fuori della scienza. Critica all'induzione Dalla critica al criterio di significanza neopositivistico discende inevitabilmente il rifiuto del procedimento induttivo come metodo per giungere a conclusioni di valore universale (come lo sono le teorie scientifiche) partendo dall'analisi di un numero necessariamente finito di casi particolari. Popper osserva che il problema dell'induzione (o problema di Hume, come egli talvolta lo chiama) può essere riassunto nella domanda: "siamo giustificati razionalmente a passare dai ripetuti esempi di cui abbiamo avuto esperienza agli esempi di cui non abbiamo avuto esperienza?" (1) Secondo Popper, è del tutto illusorio sperar di costruire una logica di tipo induttivo che, a partire da un numero necessariamente finito di asserzioni singolari sia capace di condurre ad asserzioni di carattere universale, come le leggi e le teorie scientifiche. La credenza che la scienza proceda induttivamente da fatti empirici a teorie è logicamente ingiustificata (2), poiché non esiste alcuna regola che possa garantirci che "una generalizzazione inferita da asserzioni vere, per quanto ripetute spesso, sia vera". (3) Il rifiuto popperiano dell'induzione ha un'importante conseguenza: la scienza non può partire dai fatti per costruire le sue teorie ma, al contrario, deve inventare le teorie con l'immaginazione e poi controllarle mediante i fatti. La crescita della conoscenza, quindi, non deriva da un accumulo di osservazioni, ma si presenta come uno sviluppo che scaturisce da un problema (P1). Ad esso si tende di dare una soluzione mediante dei tentativi teorici (TT), i quali vanno corretti, soprattutto mediante la discussione critica, cercando di eleminare gli errori (EE), cosa che non porta alla teoria vera bensì al sorgere di nuovi problemi (P2). La formula popperiana che esprime lo sviluppo della conoscenza è: Tale modello ci costringe a riconoscere che la verità non può essere raggiunta: essa deve quindi essere vista più come un ideale regolativo che come traguardo da conseguire effettivamente. Noi ci avviciniamo sempre alla verità, proponendo teorie sempre migliori, cioè che spiegano di più e che sono meglio controllabili. (4) La critica alla dialettica Il saggio Che cos'è la dialettica? (5) costituisce nell'evoluzione del pensiero di Popper il punto di transizione da interessi esclusivamente rivolti alla metodologia delle scienze naturali a quelli che si allargano anche alla metodologia delle scienze sociali. La presa di posizione contro la dialettica deve essere considerata come una preparazione, un affilare le armi per la critica maggiormente impegnativa delle tesi storicistiche. Poiché, il bersaglio finale di Popper non è la dialettica in se stessa, bensì ciò che questa rappresenta per l'affermazione delle concezioni totalitarie che su di essa si basano: concezioni caratterizzate, secondo Popper, da forti componenti storicistiche. A tale proposito, vale la pena ricordare che tale saggio viene alla luce negli anni in cui due forme di totalitarismo incombevano sull'Europa: quello nazista e quello stalinista (vedi Stalin). Nella ricostruzione popperiana, la dialettica è "una teoria che afferma qualcosa - più in particolare il pensiero umano - si sviluppa secondo un procedimento caratterizzato dalla cosiddetta triade dialettica: tesi, antitesi e sintesi" (6). Popper riconosce che la triade dialettica "descrive abbastanza bene certi tratti della storia del pensiero e soprattutto taluni sviluppi di idee e teorie, e dei movimenti sociali che su queste sono basati" (7), ma rifiuta decisamente la pretesa dei dialettici di accettare le contraddizioni in ragione della loro proficuità. Popper concorda con i dialettici sul fatto che le contraddizioni sono molto importanti per lo sviluppo del pensiero umano, poiché "senza le contraddizioni, senza la critica, non vi sarebbe alcun motivo razionale per cambiare le nostre teorie". Quello che egli rifiuta è la posizione dei dialettici, per i quali, visto che le contraddizioni sono fertili, costituiscono una spinta al progresso, non c'è alcun bisogno di evitarle. (8) Tale posizione nega la validità del principio di non-contraddizione aristotelico (vedi Aristotele), che sta alla base di tutti i nostri procedimenti razionali: "principio secondo il quale due asserzioni contradditorie non possono essere entrambe vere, ovvero un'asserzione consistente nella congiunzione di due asserzioni contradditorie, deve sempre essere respinta come falsa sul piano puramente logico". (9) In polemica con i rappresentanti della Scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, Marcuse), i quali sostengono che il metodo non può rifiutare le contraddizioni quando l'oggetto di indagine (ad esempio, la società) è in sé contradditorio, Popper sottolinea la fondamentale importanza metodologica del principio di non-contraddizione. Secondo il filosofo austriaco, infatti, non esistono contraddizioni nel mondo reale, bensì soltanto nelle rappresentazioni che l'uomo si fa di esso. Proprio nel disconoscimento della fondamentale differenza esistente tra i contrasti e i conflitti che caratterizzano la realtà e le contraddizioni rilevabili nelle elaborazioni del pensiero umano starebbe, secondo Popper, l'errore fondamentale dei sostenitori del metodo dialettico. (10) Dalle tesi antistoricistiche alla "società aperta" Le opere popperiane dedicate alle scienze sociali sono principalmente Miseria dello storicismo e La società aperta e i suoi nemici. Nella prima Popper conduce una critica serrata alle dottrine storicistiche mantenendosi su un piano prettamente metodologico: egli cerca cioè di dimostrare che le pretese e i procedimenti messi in atto dagli storicisti sono lontani e spesso in aperta opposizione a quelli che sono i presupposti di un corretto metodo scientifico (11). In particolare, Popper critica la convinzione degli storicisti secondo la quale lo sviluppo della società sarebbe guidato da leggi inesorabili che regolano gli eventi degli uomini e a cui è del tutto vano opporsi. In tale prospettiva, compito dello scienziato sarebbe quello di studiare il passato per scoprire tali leggi di sviluppo, mediante le quali diverrebbe possibile prevedere il futuro, così da armonizzare le scelte politiche con gli eventi sociali che sono ritenuti inevitabili. Tutto questo rischia di portare, secondo Popper alla pretesa di pianificare la società, studiarla e controllarla nella totalità dei suoi aspetti. In particolare, le incertezze legate alle variabilità del fattore umano costringono il politico "a cercar di dominare l'elemento personale con mezzi istituzionali, e ad allargare il suo programma fino a comprendere non solo la trasformazione della società secondo un piano, ma anche la trasformazione dell'uomo". (12) Alla rigida pianificazione della società basata sulla convinzione di leggi inesorabili di sviluppo (società chiusa), Popper contrappone la sua concezione di società aperta, organizzata in maniera da poter intervenire, in qualsiasi istante, con piccole correzioni, costantemente soggette ad essere modificate e migliorate. Una tale società tende a incoraggiare la critica piuttosto che scoraggiarla e punirla. Essa permette a tutti i suoi membri di prender parte attivamente alle decisioni che riguardano la collettività; soprattutto rende possibile ai governati di sostituire i governanti qualora il loro operato venga giudicato insoddisfacente. (13) Conoscenza oggettiva e Mondo 3 Secondo Popper, il mondo consiste di tre sottomondi antologicamente distinti: 1) il mondo fisico o il mondo degli stati fisici 2) il mondo degli stati mentali 3) il mondo delle idee in senso oggettivo, ossia il mondo degli oggetti possibili del pensiero: in particolare, il mondo delle teorie scientifiche e le loro relazioni logiche; degli strumenti in sé e delle situazioni problematiche in sé. Uno dei problemi fondamentali di tale concezione pluralistica riguarda la relazione tra questi 3 mondi. Essi sono infatti correlati in modo tale che i primi due possono interagire; amnche gli ultimi due possono interagire. Così il Mondo 2, il mondo delle esperienze soggettive, interagisce con ciascuno degli altri due. Il Mondo 1 e il Mondo 3 non possono interagire, tranne che attraverso la mediazione del Mondo 2, il mondo delle esperienze soggettive. (14) Cosa significa, per Popper, che il Mondo 3 (come, del resto, gli altri due) esiste oggettivamente? Vuol dire che tale mondo "sebbene sia un prodotto umano, una creazione umana, esso successivamente, al pari di altri prodotti umani, mostra un suo ambito di autonomia". (15) A titolo esemplificativo, Popper osserva che la successione dei numeri naturali è una costruzione umana. "Però, sebbene siamo noi a creare questa successione, essa, a sua volta, crea i suoi propri problemi autonomi. La distinzione tra numeri pari e numeri dispari non è creata da noi: essa è piuttosto una non intenzionale ed inevitabile conseguenza della nostra creazione. I numeri primi, ovviamente, sono, in maniera analoga, fatti autonomi non intenzionali ed oggettivi; e nel loro caso è ovvio che ci sono molti fatti per noi da scoprire: ci sono congetture come quella di Goldbach. E tali congetture, quantunque riguardino indirettamente gli oggetti della nostra creazione, si riferiscono a problemi e fatti che in un modo o nell'altro sono emersi dalla nostra creazione e che noi non possiamo controllare o influenzare". (16) La conoscenza in senso oggettivo, secondo Popper, consiste in "problemi, teorie ed argomentazioni in quanto tali. La conoscenza in questo senso oggettivo è totalmente indipendente dall'affermazione o pretesa di conoscere avanzata da chicchessia; come anche essa è indipendente dall'opinione, dalla disposizione ad assentire, ad affermare o ad agire di qualsivoglia individuo. La conoscenza in senso oggettivo è conoscenza senza un conoscenza: essa è conoscenza senza soggetto conoscente". (17) ------------- NOTE (1) Popper, "Replies to My Critics", in P. A. Schilpp (a cura di), The Philosophy of Karl Popper, La Salle (Ill.), Open Court, 1974, pag. 1018 (2) Popper, Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna, 1972, pagg. 325-7 (3) Op. cit., pag. 95 (4) Popper, Conoscenza oggettiva, Armando, Roma, 1975, pag. 200 (5) Popper, "Che cos'è la dialettica?", in Popper, Congetture e confutazioni, cit., pagg. 531-570 (6) Popper, Congetture e confutazioni, cit., pag. 533 (7) Op. cit., pag. 534 (8) Op. cit., pag. 537 (9) Op. cit., pag. 538 (10) Popper, "Sulla logica delle scienze sociali", in AA.VV., Dialettica e positivismo in sociologia, Einaudi, Torino, 1972 (11) Popper, Miseria dello storicismo, pag. 60 (12) Op. cit., pagg. 71-2 (13) Popper, La società aperta e i suoi nemici, Armando, Roma, 1974, vol. I, pag. 179 (14) Popper, Conoscenza oggettiva, cit., pag. 211. Cfr. anche pag. 150 (15) Op. cit., pagg. 164-5 (16) Op. cit., pag. 165. Cfr. anche pag. 216. (17) Op. cit., pag 153
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-- Società aperta, universo aperto, Borla, Roma, 1984
-- I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza [1979], Il Saggiatore, Milano, 1987-- Il mondo di Parmenide, Casale Monferrato, 1998
-- La conoscenza e il problema corpo-mente [1994], Il Mulino, bologna, 1996-- L'informazione violenta, Società aperta, Roma, 1996
-- La mia filosofia. Dizionario filosofico, Armando, Roma, 1997
-- Cercatori di verità, Armando, Roma, 1997
-- "Tolleranza e responsabilità intellettuale", in Susan Mendus - David Edwards (a cura di), Saggi sulla tolleranza, Il Saggiatore, Milano, 1990, pagg. 25-47
-- Come io vedo il duemila. Sedici interviste: 1983-1994, Armando, Roma, 1998
-- Il pensiero essenziale. Brani scelti dall'autore come testamento intellettuale, Armando, Roma, 1998
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-- La libertà è più importante dell'uguaglianza, Armando, Roma, 2012
-- Sul problema del metodo della psicologia del pensiero, Rubbettino, Catanzaro, 2012
-- La teoria dei quanti e lo scisma nella fisica, Il Saggiatore, Milano, 2012
-- Tecnologia ed etica, Rubbettino, Catanzaro, 2013
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Una delle migliori introduzioni al pensiero di Karl Popper.
Massimo Baldini, Introduzione a Popper, Armando, Roma, 2002
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